JEREZ – LUIS PEREZ – RAMIRO IBAÑEZ – BODEGA DE LA RIVA – IL DIARIO

Quando penso a Jerez, sento un ritmo irrequieto, andaluso, che batte dentro. Il tamburellare che da ritmo alla pizzicata della chitarra classica. Una peña in cui prende vita il Flamenco. Una donna che agita il suo vestito con gesto deciso. Ritmo.

Quando penso a Jerez, vedo una luce dorata, calda, accompagnata dal vento atlantico. Vedo le case bianche e beige, un’atmosfera d’altri tempi in cui Pedro Domeq era il produttore più grande del mondo, tra legni scuri, tostati, ed un odore di terra asciutta. La salsedine di Sanlucar de Barrameda, nella Playa de Bajo de Guía, alla foce del Guadalquivir. Quel fiume che risalivano i velieri, carichi di tesori di ritorno delle americhe, fino alla città di Siviglia. Oro.

Quando penso a Jerez, sono dentro alle cantine, quelle cataste di criaderas che alimentano la solera, l’odore pungente del palomino affinato bajo velo. Vedo l’affondo della venencia  in una botte, un gesto estetico per servire quel bicchiere di vino, unico. Il gusto del lievito, del curry e delle nocciole tostate.  Sento la concentrazione sapida, umami, nelle più grandi espressioni. Fascino.

Tornare a Jerez ha sempre un gusto molto speciale, unico, indelebile.

In un contesto così antico di viticoltura le cose da dire sono molte, moltissime, tante che non si sa neppure bene da dove cominciare.

Di recente, abbiamo fatto visita a due realtà, che in un contesto così forte, si sono distinte ed imposte con il proprio carattere a tal punto da tracciare una nuova linea, su secoli di tradizioni, che è già storia. Vi parlo di due persone nello specifico: Willy Perez patron della Bodega Luis Perez a Jerez de la Frontera e Ramiro Ibañez a Sanlucar di Barrameda.

Willy e Ramiro si conoscono da più di 20 anni, quando si sono trovati a lavorare assieme in Australia. Dall’epoca nasce un’amicizia che li porta ad un costante confronto sul proprio territorio e le proprie origini. Da qui nasce la voglia di ricercare nella storia di Jerez, prima ancora dello stile imposto dagli inglesi, dei vini “fino” affinati bajo velo flor, a grado naturale, senza essere fortificati con alcol. Così come la tradizione dei vini da pasto, consumati nel quotidiano ma che si esprimevano in maniera così distinta a seconda di dove venivano prodotti.

Ma facciamo un passo indietro, Jerez de la Frontera che da il nome alla denominazione, si trova in Andalusia, siamo oltre le Colonne d’Ercole, guardando l’Atlantico. Una zona racchiusa in un triangolo: Jerez, Sanlucar de Barrameda e il Puerto de Santa Maria. In questa zona come potete vedere dalla cartina, troviamo caratteristiche distinte, a seconda dalla vicinanza dal mare e la tipologia dei suoli. All’interno di questo triangolo esistono macro zone conosciute come “Pagos” che hanno caratteristiche simili  e costituiscono il tassellamento della mappa vitivinicola di Jerez.

Un aspetto affascinanante sicuramente, anche da uno sguardo al satellite, è vedere come i pagos sono in prossimità di zone fortemente caratterizzate da suoli di albariza, che di fatto è un suolo marnoso estremamente calcareo, che da la tipicità della zona. I suoli della denominazione di Jerez sono tra i più calcarei che possiamo trovare nel mondo vitivinicolo.

Visitare Ramiro e Willy è stata una delle giornate di visita più belle ed affascinanti mai vissute. A Jerez si respira una storia molto antica, importante, che poi ha avuto un enorme declino e che oggi invece, anno dopo anno, sta risorgendo dalle proprie ceneri come la fenice.

SANLUCAR DE BARRAMEDA

“El barrio”, termine con il quale in spagnolo si indica il quartiere, con le dinamiche del quartiere, dove tutti si conoscono, dove le persone vivono in una dimensione umana e popolare. C’è il bar nella piazzetta, i signori che giocano alle carte sul tavolo traballante e le signore anziane con il loro vestito che tornano da fare la spesa, un sacchetto con il pesce da una parte ed un bottiglione di Manzanilla dall’altra. Sanlucar de Barrameda è una città barrio, in alcune case si vedono gli orti. Alla foce del Guadalquivir le barche dei pescatori sono attraccate. La gente è del barrio, genuina ed autentica. A Sanlucar è tipico mangiare un pesce fritto con delle verdure. Per mangiare serve un vino fresco, da bere, ed è così che nasce la Manzanilla, per l’esigenza di avere un vino da pasto da bere a tavola. La Manzanilla è un Palomino che fa affinamento bajo velo flor, vicino al mare, e porta con se tutto il potere della flor, che smagrisce il vino e lo rende salato. Il cuore di Sanlucar.

Ramiro in questo contesto ci è cresciuto e nella sua idea di fare vini da pasto non fortificati, voleva mantenere questo spirito, la bevibilità, il sale e la freschezza.

Con ramiro siamo andati a visitare il pago più importante di tutta Sanlucar, il Pago de Miraflores, che si divide tra alto e bajo, il Pago in assoluto più atlantico e fresco, dove l’albariza va da un tipo più sciolto, il lustrillo, nella parte più bassa, fino ad una tosca cerrada compatta nella parte più interna dove abbiamo più concentrazione. Di fatti, nel Caserio de Miraflores Alta, abbiamo la profondità di vigne vecchie su tosca cerrada, con l’aspetto salino e fresco della vicinanza con l’Atlantico, un luogo davvero speciale.

In cantina Ramiro lavora solo con viejas botas de Jerez, le botti vecchie tradizionali della zona. L’idea è quella di cercare le botti più vecchie possibili, che non cedano aromi di legno ma che dall’altra parte accompagnino i vini nell’affinamento bajo velo, che viene fatto statico in botte, per alcuni mesi.

I vini di Ramiro Ibañez sono tra i più puri che una persona può assaggiare, si sente l’Atlantico, l’albariza e Sanlucar, dei veri e propri capolavori.

JEREZ DE LA FRONTERA

Fascino, senza tempo, nobile. Al contrario di Sanlucar, quando uno arriva a Jerez de la Frontera, sente di arrivare in una città ricca, di commercianti, di grandi cantine, di palazzi monumentali voluti da Pedro Domeq, il più grande produttore del mondo ad inizio ‘800. Le strade sono intrise di storia, di tempi passati e presenti, di grandi famiglie di produttori di vino che hanno fatto la storia e che sono oramai entrate nell’immaginario di tutto il mondo. Qualità a parte, quando uno legge il brand “Tio Pepe” dell’azienda Gonzalez Byass, Cantina El Fundador, immediatamente vede l’icona mitica del Tio Pepe, datata 1935, in cui quella stessa bottiglia era stata vestica con giacca e cappello rosso ed una chitarra spagnola. E quando pensa a questo sa che stiamo parlando di Jerez, di Sherry, di un Palomino Fino. Il Mito. A Jerez non si va sul sottile, il vino è un elemento di commercio, dimostrativo, deve essere potente e concentrato. Quando uno assaggia nelle cantine anche lo stesso Fino racconta sole e concentrazione, d'altronde Jerez è la parte più interna della Denominazione che da per natura le materie più concentrate. A Jerez però quello che vi stupirà sarà procedere ad assaggi di alcuni Ammontillado o Oloroso che nelle versioni VORS, arrivano ad avere delle concentrazioni incredibili, umami, tostate, sapide. In questo spirito Jerez si distingue dalle altre città del Marco, di Jerez ce n’è una, e te lo dimostro. 

E’ in questo contesto che è cresciuto Willy Perez. Suo padre Luis Perez era stato l’enologo per la cantina Domeq oltre che il professore di enologia dell’università di Cadiz. Willy da sempre aveva vissuto con il padre momenti molto speciali di Jerez, come la speciale vendemmia al Castillo de Macharnudo, dove si mettevano ad asolear le uve di fronte alla Torre (pratica in cui si stendono le uve su fischi di iuta nei piazzali delle cantine sotto il sole, in modo tale da aumentare naturalmente il grado per evaporazione).

Willy dalla sua parte nasce come chimico e decide di decicarsi al vino successivamente. E’ stata la passione per la storia; soprattutto per la grande storia del Marco de Jerez a fare si che Willy si volesse dedicare al vino, con una visione nuova. Supportato dall’amico Ramiro, hanno fatto una ricerca di zonazione che ha dell’incredibile, per andare a mappare in maniera precisa i diversi pagos del Marco. Questo li porterà prossimamente alla pubblicazione di un volume che si pensa sarà uno delle grandi opere del vino, un patrimonio mondiale inestimabile.

Da questa spinta e dall’opportunità di rilevare alcune proprietà di vigneti sul pago di Macharnudo (Escribana, San Cayetano, La Riva) e sul pago di Carrascal (Corregidor), oggi Willy Perez sta vinificando in maniera ancestrale, dei vini bianchi secchi della zona, sull’onda della tradizione con una profondità disarmante in alcuni casi. Vini non fortificati, a grado naturale elevato grazie all’asoleo, con anni di velo flor per smagrire i vini. Willy ci fa presente che “Prima dobbiamo concentrare il frutto con l’asoleo e poi lo andiamo a affilare e renderlo verticale con la flor”. Che consapevolezza. Non mancano le sperimentazioni, come lo spumante metodo classico “El Corregidor “ vino da inchino proveniente dal pago Carrascal. Se Willy però dovesse probabilmente parlare con un paio di vini prenderebbe due Fino, un Villamarta 2013 e un San Cayetano Macharnudo vino da pasto 2022.

LA SPINTA PER LA PROGRESSIONE – DE LA RIVA

Come presentato Willy e Ramiro sono persone che stanno profondamente influenzando il mondo del vino. La costante voglia di ricerca e di spingersi oltre li ha inspirati ad acquisire una vecchia proprietà di Macharnudo, De La Riva. Questo diventa per loro un progetto Accademico, di ricerca, per andare oltre nella propria ricerca. Riprendendo tecniche antiche di vinificazione o andando a selezionare alcune botti che ritengono eccezionali nel loro stile.

Per chi di voi ha assaggiato il magistrale El Notario de Macharnudo, proveniente da una vigna sotto el Castillo de Macharnudo, sa di cosa parliamo.

 

Jerez, Jerez… quando ti penso, non sto mai tranquillo… C’è una tensione ed un’energia in quello che ho sentito e visto in questi luoghi, così fermi nel tempo, che ha dell’animale.

Bevitore, cerchiamo di entrare nell’ottica che non importa sapere quante botti ha una solera, a che grado è fortificato, se è Fino o Manzanilla, Oloroso o Palo Cortado. Oggi siamo ad una nuova fase di sviluppo di questa zona, siamo al cospetto di una zona vitivinicola tanto importante quanto la Borgogna, Barolo, La Mosella. Dobbiamo metterci a studiare, a bere e a proporre quelli sono e saranno tra i più grandi bianchi di sempre.

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